Vangelo
In quel tempo, 1 Gesù era entrato a Gerico, e stava attraversando la città. 2 Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, 3 cercava di vedere quale fosse Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura. 4 Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là. 5 Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua”. 6 In fretta scese e lo accolse pieno di gioia. 7 Vedendo ciò, tutti mormoravano: “È andato ad alloggiare da un peccatore!” 8 Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: “Ecco, Signore, io do la metà dei miei beni ai poveri; e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto”. 9 Gesù gli rispose: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo; 10 il Figlio dell’Uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto” (Lc 19, 1-10).
Meravigliarsi, ecco la soluzione degli innumerevoli nostri problemi
L’egoismo ci porta l’amarezza e l’infelicità. Come Zaccheo, saliamo con coraggio e senza vergogna “ l’albero della meraviglia” verso tutto ciò che è vero, buono e bello, e avremo la gioia di ricevere Gesù nella nostra anima.
I – L’uomo ha bisogno di meravigliarsi
La fine del XIX secolo seguì con stupore l’enorme sforzo di una ragazza che avrebbe segnato la Storia americana. Colpita da una grave malattia a 18 mesi di età, Hellen Keller Adams (1880-1968) perse completamente la vista e l’udito. Rimase, così, ridotta ad un triste isolamento, senza possibilità di conoscere il mondo esterno, se non grazie al tatto, olfatto e gusto.
Quella notte tragica e silenziosa della sua mente avrebbe potuto essere perpetuata per tutta la vita, se non fosse stato per il provvidenziale incontro con una geniale educatrice, Anne Mansfield Sullivan, che riuscì ad insegnarle il linguaggio delle mani, l’alfabeto Braille ed infine, a parlare fluentemente.
Dopo indescrivibili difficoltà, Hellen riuscì a dominare il francese e il tedesco, con una buona pronuncia. Frequentò l’università, viaggiò per il mondo tenendo conferenze e scrisse libri. Per anni sviluppò un lavoro quasi incredibile, spinta dall’ansia di relazionarsi con gli altri, moto naturale di ogni essere umano, dotato dell’istinto di socievolezza.
Ora, come le piante per eliotropismo crescono in cerca di luce, anche le anime hanno bisogno di aprirsi alla contemplazione delle creature per salire, partendo da loro, fino al Creatore. Non è stato diverso per Hellen Keller, che crivellava la sua maestra con domande come: Che cosa rende il sole caldo? Dove ero io prima di venire da mia madre? Gli uccelli e i pulcini escono dall’uovo, da dove proviene l’uovo? Chi ha fatto Dio? Dov’è Dio? Lei ha visto Dio?1
Queste sono questioni che rivelano come l’anima aspiri ineluttabilmente a raggiungere la Causa Prima di tutto, a partire da cause seconde. Infatti vi è in noi un’innata tendenza a Dio – per analogia, potremmo chiamare teotropismo – che ci porta a fare correlazioni, trascendendo dalla scala naturale a quella soprannaturale. Pertanto, San Tommaso insegna: “rimane nell’uomo, nel conoscere l’effetto, il desiderio di sapere che questo effetto ha una causa e di sapere quale sia la causa. Questo desiderio è di meraviglia e causa l’indagine”.2
Ora, come quanto esiste nell’universo riflette in qualche misura il Creatore, il movimento ordinato dell’anima è lasciarsi attrarre dai riflessi di verità, bellezza e bene, presenti nelle creature.
Quindi, tutti noi dobbiamo cercare di rendere la nostra anima molto propensa alla meraviglia, in modo che, imbattendoci in qualcosa di elevato, santo, nobile o semplicemente retto, ci incantiamo e risaliamo alla Causa suprema. E, con ogni evidenza, questa ammirazione capita, soprattutto, in relazione all’Uomo-Dio, a sua Madre Santissima e alla Santa Chiesa.
II – Un pubblicano di nome Zaccheo
In quel tempo, 1 Gesù era entrato a Gerico, e stava attraversando la città.
Nostro Signore si dirige a Gerusalemme per subire la Passione. Ancora prima di arrivare a Gerico, lo aveva annunciato ai suoi discepoli per la terza volta, ma essi “non compresero nulla di tutto questo; quel parlare restava oscuro per loro e non capivano ciò che Egli aveva detto” (Lc 18, 34).
Al contrario, i seguaci di Gesù, tra i quali gli stessi Apostoli, pensavano che Lui fosse in cammino verso la Città Santa per fare un grande miracolo, con il quale Israele sarebbe stato liberata dal giogo romano.
È in questo clima di aspettativa e ottimismo che il Divino Maestro sarà ricevuto a Gerico.
Odio dei Giudei per i pubblicani
2 Ed ecco un uomo di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco…
Intelligenti, sagaci e dotati di un forte senso organizzativo, i romani, istituirono come esattori di imposte, in Israele, funzionari ebrei. Per il fatto che conoscevano meglio i loro conterranei, essi erano in grado di garantire un gettito maggiore per le casse di Cesare, nonostante un dirottamento quasi inevitabile delle risorse, poiché chi si prestava a svolgere questa funzione, in tali circostanze, di solito non eccelleva per la rettitudine d’animo.
Naturalmente, gli ebrei che accettavano tale incarico erano considerati traditori e “cofautori della dominazione romana”,3 per questo erano odiati da tutta la società ebraica. Il nome stesso della funzione – pubblicano – suscitava repulsione.
Proprio il capo degli esattori della regione, Zaccheo, un uomo molto ricco, sarà il protagonista di questa scena evangelica. Comandare la gilda più detestata dai suoi patrizi equivaleva ad essere considerato un ladro tra i ladri, ossia leader di coloro che facevano fortuna a scapito dello sfruttamento del popolo. Pertanto, possiamo ben supporre quanto egli fosse oggetto di disprezzo.
Semente di salvezza
3a …cercava di vedere quale fosse Gesù…
Ciò nonostante, quel pubblicano mostrerà in questo passo del Vangelo un fondo d’animo molto buono.
Mosso certamente dalla grazia, Zaccheo si mostra desideroso di vedere il Divino Maestro, persino, se possibile, di rivolgerGli la parola. Si sente, senza dubbio, con la coscienza sporca, ma allo stesso tempo fiorisce nel suo intimo una crescente ammirazione per Gesù. Come ben annota San Cirillo, “germinava in lui un seme di salvezza”.4
“Da dove viene in un uomo della sua professione un così vivo desiderio?”, si chiede padre Duquesne. “Ah! Il suo cuore doveva essere scosso da innumerevoli moti che, senza dubbio, egli stesso non riusciva a distinguere bene. Questo desiderio, che proveniva dall’alto, non era senza un principio di fede, e non poteva non essere accompagnato da stima, rispetto e amore per il Salvatore”.5
L’ammirazione porta a vincere la vergogna
3b …ma non gli riusciva a causa della folla, poiché era piccolo di statura. 4 Allora corse avanti e, per poterlo vedere, salì su un sicomoro, poiché doveva passare di là.
Il Maestro era entrato a Gerico seguito da una folla entusiasmata dallo stupendo miracolo della guarigione del cieco che chiedeva l’elemosina al margine della strada (cfr. Lc 18, 35).6 Secondo padre Duquesne, le strade dove Gesù sarebbe dovuto passare, a stento potevano contenere l’assembramento di coloro che aspettavano il suo passaggio.7 Zaccheo cerca invano di farsi breccia in quella folla per soddisfare il suo desiderio di vedere il Signore.
Non è frequente che gli Evangelisti descrivano le caratteristiche fisiche di qualcuno. Così, ad esempio, non sappiamo con sicurezza l’altezza di Pietro, né se Giovanni avesse la barba. Senza dubbio, San Luca – che include nel suo racconto osservazioni fatte da un punto di vista medico – ci informa che questo pubblicano era uno “molto basso”, elemento fondamentale per capire bene gli avvenimenti seguenti.
I piccoli di statura sono, spesso, molto agili e furbi. Inoltre, Zaccheo, a giudicare dalla narrazione del Vangelo, sembra essere ancora relativamente giovane. Alla ricerca di un posto di osservazione favorevole, corre avanti e si arrampica su un sicomoro, indicando con questo atteggiamento che il suo grande sforzo per vedere Gesù, non è il risultato di una semplice curiosità.
Zaccheo non era un uomo rozzo: aveva numerosi dipendenti al suo servizio ed era abituato a fare calcoli. Una persona della sua proiezione sociale necessitava di una ragione molto forte per salire su un albero “come un contadino qualsiasi”,8 osserva correttamente Willam. E, più ancora, per esporsi alla vista di un pubblico la cui ostilità gli era manifesta.
Il Vangelo non entra nel dettaglio su quanto tempo sia rimasto in attesa sull’albero. Si può, tuttavia, congetturare che fu considerevole, dal momento che Nostro Signore camminava lentamente, circondato dalla folla, fermandoSi di tanto in tanto a dare ascolto ad un malato, a dare un consiglio, a rispondere a qualche domanda.
Durante questo periodo, l’atteggiamento di Zaccheo è stato una vera e propria dimostrazione di pertinacia, fiducia e lotta contro la considerazione umana. Infatti, quanti insulti e scherzi ha dovuto sopportare dall’alto dell’albero il capo dei pubblicani! Se lo ha fatto è stato perché, come commenta padre Duquesne, “in fondo al suo cuore, una speranza sosteneva il suo coraggio, senza che egli avesse un’idea chiara a questo riguardo. Senza dubbio, voleva essere notato dal Salvatore, e desiderava che Egli conoscesse tutte le disposizioni della sua anima”.9
L’avidità del profitto e l’attaccamento al denaro tendono a diminuire e ottundere la capacità di ammirazione nelle persone. Ora, a quanto pare, Zaccheo non si era lasciato dominare completamente dall’ambizione, perché, pur essendo un esattore delle tasse e molto ricco, dava prova di possedere un notevole spirito di distacco e di ammirazione. Quest’ardita azione di arrampicarsi sul sicomoro, egli la decise, senza dubbio mosso da una grazia di trasporto per Nostro Signore.
Un’interpretazione interessante sull’aspetto simbolico del gesto di Zaccheo, ci viene data da padre Maldonado quando commenta che “la turba di questo mondo ci impedisce di riconoscere il Signore, dobbiamo lasciarla e calpestarla coi piedi, per elevarci ad una virtù superiore e vedere dall’alto Cristo”.10
L’episodio offre ancora un altro bel significato, una lezione per tutti: quando ci sentiamo piccoli, dobbiamo cercare Gesù, specialmente nel Santissimo Sacramento, esposto nell’ostensorio. Questo desiderio di stare con Lui basterà a indurLo a impietosirSi di noi e darci ciò di cui le nostre anime hanno più bisogno.
Nostro Signore fissa il suo sguardo sul pubblicano
5a Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: “Zaccheo, scendi subito…”
Fermiamoci per un istante a immaginare la scena. Come aveva fatto per guarire il cieco alle porte della città, Gesù si ferma davanti all’albero dove si trova Zaccheo e gli rivolge uno sguardo pervaso di bontà. Il popolo si raccoglie intorno, curioso di vedere quello che sarebbe successo, forse nella speranza che il Maestro assumesse un atteggiamento di censura contro l’esattore di tasse. Tuttavia, invece di rimproverarlo, Gesù lo chiama affettuosamente per nome e lo invita a scendere.
In base al suo sapere umano, Nostro Signore non conosceva ancora questo pubblicano. Qui rivela di non ignorare chi fosse, né le virtù che cominciavano a fiorire nella sua anima. Molto opportunamente, San Cirillo dice al riguardo: “Cristo aveva già contemplato la scena con i suoi occhi di Dio, e nel sollevare lo sguardo, fissò questa persona con gli occhi della carne. E siccome il suo obiettivo è che tutti gli uomini si salvino, ha esteso a quest’uomo la sua bontà”.11
“Quale non sarà stata la sorpresa del pubblicano sentendo pronunciare il proprio nome! Quanto grande la sua gioia!” – osserva padre Truyols.12 E Gesù gli infuse ancor più coraggio e fiducia dicendogli “scendi subito”, poiché, secondo il preciso giudizio di padre Tuya, “vi è in queste parole un vivo desiderio spirituale di conquistarlo”.13
È curioso notare che Zaccheo non dice nulla a Gesù. A giudicare dalla narrazione evangelica, si limita a guardarLo con rapimento e venerazione, mentre ascolta, giubilante, le sue parole.
“Oggi devo fermarmi nella tua anima”
5b “… perché oggi devo fermarmi a casa tua”.
Come se non bastasse, il Maestro Divino prende l’iniziativa di invitarSi lui stesso a casa di Zaccheo, contrariando i costumi, ma osserva Sant’Ambrogio, Gesù “sa che chi Lo accoglie come un ospite riceverà una ricca ricompensa, e succede che, pur non avendo ancora udito il suo invito, aveva già letto nel suo cuore”.14 Contro tutte le maldicenze che avrebbe potuto suscitare la sua presenza in casa di un pubblicano, Nostro Signore annuncia la sua visita “in un modo al tempo stesso regale e famigliare”.15
L’episodio conferma che nulla attira di più le grazie di Dio che uno spirito preso da ammirazione. Di sicuro, afferma Maldonado, “Cristo ha chiamato Zaccheo perché notava la disposizione del suo animo e la diligenza da lui dimostrata per riuscire a vederlo andare via”.16 Commenta Sant’Agostino: “Chi considerava una grande e indicibile gioia il fatto di vederLo passare, ha meritato immediatamente di averLo in casa. La grazia si infonde, la fede opera attraverso l’amore, si riceve in casa Cristo, che già abitava nel cuore”.17
Merita soffermarci sulle parole “nella tua casa”. Senza dubbio, Nostro Signore Si riferiva alla residenza di Zaccheo, la quale aveva bisogno di esser messa in ordine per accoglierLo. Per il capo degli esattori delle imposte, questo non era difficile perché, per la sua posizione sociale, doveva ricevere con frequenza visite importanti. Sicuramente non dovevano mancargli servi o mezzi per questo.
Ma, dal punto di vista soprannaturale, è come se Gesù comunicasse con Zaccheo da sguardo a sguardo, da cuore a cuore, dicendogli: “Oggi io mi fermerò nella tua anima”. Pertanto, la “casa” qui significa anche l’anima che deve essere pronta ad accogliere il Signore.
L’ammirazione porta gioia
6 In fretta scese e lo accolse pieno di gioia.
Di fronte alla misericordiosa iniziativa del Redentore, Zaccheo si mostra disposto ad obbedire in tutto. Colto da entusiasmo, “fece ciò che Cristo gli aveva ordinato, e nel modo in cui questo gli era stato comandato. Aveva appena finito di dirgli di scendere in fretta, e in fretta scese. Questo è corrispondere alla grazia: seguire prontamente Colui che chiama, senza indugio né scuse”.18
Inoltre, quell’uomo riceve Gesù “con gioia”, perché sentendosi pienamente interpretato e compreso da chi gli è superiore, la sua anima si riempie di giubilo e si apre alla fede.
Così vediamo come il meravigliarsi sia un eccellente antidoto per la cattiva tristezza che porta allo scoraggiamento. Quando, a somiglianza di Zaccheo, ci sentiamo attratti da Gesù e cerchiamo occasioni per incontrarLo – sia nel Sacramento dell’Eucaristia, sia attraverso gli esseri creati – Egli ci ricompensa venendo a casa nostra, cioè, entrando in comunione con noi e riempiendoci di grazie molte volte sensibili.
Sorpresa e incomprensione dell’opinione pubblica
7 Vedendo ciò, tutti mormoravano: “È andato ad alloggiare da un peccatore!”
Pieni di odio nei confronti di quel pubblicano, i presenti “non riuscivano a vincere i loro pregiudizi, anche se poco prima avevano dato gloria a Dio per la guarigione del cieco, operata da Gesù”,19 e cominciano a mormorare contro di Lui.
È importante notare che San Luca afferma che sono “tutti” e non solo alcuni, quelli che recriminano su Gesù perché va a stare in casa di un “peccatore”. Questa parola, sottolinea padre Tuya, “aveva per loro il senso di un uomo immerso in ogni sorta di impurità ‘legale’, che in questo caso potrebbe anche essere morale, a causa delle sue estorsioni nell’esercizio delle sue funzioni”.20 Entrare nella casa di un esattore delle tasse significava, per gli ebrei di allora, contaminarsi e attirare la maledizione di Dio su di sé.
Questo rifiuto verso l’atteggiamento di Gesù era privo, però, di qualsiasi fondamento. Non aveva già insegnato il Divino Maestro, in una disputa con i farisei, che non era venuto “a chiamare alla conversione i giusti, ma i peccatori” (Lc 5, 32)? Conclude bene Sant’Agostino: voler impedire a Gesù di visitare la casa del pubblicano equivaleva “a censurare il medico per il fatto di entrare in casa dell’ammalato”.21
Gesù, come osserva padre Truyols, non fa caso a questi mormorii: “Egli è il Buon Pastore, venuto al mondo in cerca della pecorella smarrita. Per trovarla e riportarla all’ovile ha accettato l’invito del pubblicano Levi, si è lasciato toccare dalla peccatrice e non ignora che l’apparente delicatezza di coscienza di coloro che disapprovano la sua condotta non è altro che un travestimento di raffinato orgoglio e di crudele egoismo”.22
Sottomissione e generosità di Zaccheo
8a Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: “Ecco, Signore, io do la
metà dei miei beni ai poveri…”
Questo versetto mostra quanto il pubblicano avesse preparato la “casa” della sua anima per ricevere bene il Messia. Giunto in quella residenza, Gesù deve essersi sdraiato alla maniera orientale su un divano, imitato dallo stesso padrone di casa. Invece Zaccheo rimane in piedi, come segno di sottomissione, venerazione e riconoscimento della superiorità del suo Ospite, nel quale forse intravvedeva tracce di divinità.
A questo punto, egli già vuole cambiare la sua vita, convertirsi, abbandonando i suoi errori e peccati. In effetti, sarebbero state inutili tutte le grazie, se non avessero portato a questo risultato. “Gesù, il dolce e misericordioso Salvatore dei peccatori, è inesorabile nella lotta contro il peccato. Esige da coloro che vogliono seguirLo, e da coloro ai quali elargisce favori o perdona crimini, il proposito di rompere definitivamente con ogni peccato”.23
Il fatto che Zaccheo sia disposto a dare ai poveri la metà dei suoi beni dimostra la sua sincerità e buona fede. Tuttavia, Fillion va oltre e prende questo gesto “come un ricordo dell’onore che gli aveva fatto Gesù, e come una manifestazione che, con fede incrollabile, Lo considerava il Messia promesso”.24
8b “…e se ho frodato qualcuno, restituisco quattro volte tanto”.
Tuttavia, la conversione di un pubblicano non sarebbe stata completa senza il desiderio di riparare al malfatto. Infatti il peccato di furto esige, oltre al chiedere a Dio perdono, la restituzione dei beni indebitamente acquisiti.
Tutto preso dalla contemplazione della Giustizia in sostanza, che si trova davanti a lui, Zaccheo esprime la volontà di conformarsi a questo obbligo con generosità: “Se ho defraudato qualcuno, io restituirò quattro volte tanto”. Il suo generoso atteggiamento rivela un vero dolore per il peccato e una rettitudine d’animo frutto della conversione ottenuta con la grazia.
Questo passo del Vangelo ci offre un prezioso principio per l’apostolato: le autentiche conversioni si conquistano sempre risvegliando nelle anime l’ammirazione per il Signore Gesù.
Nonostante la mancanza di meriti, è giustificato da Nostro Signore
9 Gesù gli rispose: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli è figlio di Abramo; 10 il Figlio dell’Uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”.
Nostro Signore usa qui la parola casa anche in un senso più profondo, riferendosi, come abbiamo visto, all’anima dell’anfitrione. Infatti “è stato in questo momento che la fede di Zaccheo, la sua obbedienza, il suo disinteresse e la sua carità hanno fatto di lui un vero figlio di Abramo”.25 Così, affermando “oggi la salvezza è entrata in questa casa”, Gesù dichiara solennemente che quest’uomo è perdonato.
Prima di incontrarsi col Divino Maestro, Zaccheo era un peccatore che correva dietro al lucro, a volte illecito, ma la grazia ha introdotto nella sua anima il desiderio di vedere colui che “è venuto a cercare e salvare colui che era perduto”, e il pubblicano ha corrisposto.
Cercare il Signore, salire sull’albero, scendere subito quando si è chiamati, ricevere con gioia e rispondere con generosità: erano sintomi dell’accettazione delle grazie ricevute. Per consumare la conversione, mancava soltanto che Zaccheo riconoscesse i suoi peccati, chiedesse perdono e si manifestasse disposto a riparare il male fatto. E’ questo che lui ha fatto alla presenza di Gesù.
III – L’ammirazione trasforma
In un certo senso, siamo tutti Zaccheo. Stando in questa vita in stato di prova, in qualsiasi momento il Signore Gesù può passare davanti a noi e chiamarci, servendosi di una lettura, una conversazione, una predica o forse per mezzo di un moto interiore della grazia.
Come risponderemo noi se, come al pubblicano, Egli ci dice: “scendi subito, perché oggi io resterò a casa tua?”. Sapremo imitare la generosità di Zaccheo, e in previsione del monito del Signore, risponderGli con spontanea prontezza ‘d’ora in poi, voglio fermamente non peccare più?’”.26
Tutto dipenderà dall’ammirazione che avremo.
Il cammino della conversione del pubblicano, narrato in questo brano del Vangelo, è iniziato con un semplice sentimento di curiosità verso quell’Uomo di cui egli aveva sentito tanto parlare ma, con l’azione della grazia, ben presto si è trasformato in un desiderio di conoscerLo, parlarGli e stare con Lui, dando inizio al processo che lo avrebbe reso un vero “figlio di Abramo”.
Come Zaccheo, dobbiamo reagire così anche noi, fuggendo dalle moltitudini e salendo sull’ “albero dell’ammirazione” per contemplare meglio il Divino Maestro, perché chi è preso da vero trasporto, ascolta la parola del Signore, osserva i suoi precetti e affronta tutte le difficoltà per seguirLo, sino alla fine.
Sarebbe difficile valutare fino a che punto siano profonde le conseguenze di questo rivolgersi estatico verso ciò che è superiore, se non fosse San Tommaso d’Aquino ad insegnarci: “La prima cosa che allora [attingendo l’uso della ragione] capita all’uomo di pensare è deliberare su se stesso. E se si ordina per il fine dovuto, otterrà dalla grazia la remissione del peccato originale”.27 Ossia, si versano su di lui gli stessi effetti del Battesimo sacramentale!28
Questa audace affermazione del Dottor Angelico è analizzata in modo approfondito da Garrigou-Lagrange, secondo il quale, se un bambino non battezzato ed educato tra gli infedeli, giunto al pieno uso della ragione ama efficacemente “il bene onesto in se stesso e più di se stesso “, sarà giustificato. “Perché? Perché in questo modo ama efficacemente Dio, autore della natura e bene sovrano, confusamente conosciuto; amore efficace che nello stato di caduta non è possibile se non con la grazia, che eleva e guarisce”.29
Infatti, nell’ammirazione per il bene l’uomo diventa simile all’oggetto della sua meraviglia. Al contrario, chiudendosi in se stesso, giudicando di trovare in ciò la felicità, riempie l’anima di amarezza, tristezza e frustrazione, perché la devia dal suo obiettivo supremo che è Dio. “Ci hai fatto Signore, per te, e il nostro cuore è inquieto finché non riposerà in te”,30 insegna il grande Sant’Agostino.
Attraverso il rapimento per i riflessi del Creatore, sull’esempio di Maria, Madre di tutte le meraviglie, meglio ci identificheremo con Gesù, modello perfettissimo di tutti gli uomini. Entrerà così la salvezza nella nostra casa, attraverso la porta dell’ammirazione!
1) Cfr. KELLER, Helen Adams. A história de minha vida.
Rio de Janeiro: José Olympio,1940, p.248-249.
2) SAN TOMMASO D’AQUINO. Somma Teologica. I-II, q.3, a.8.
Vedere anche q.32,a.8: “L’ammirazione è un certo desiderio
di sapere, che sorge nell’uomo perché vede l’effetto e ignora
la causa; o perché la causa di un certo effetto eccede la
conoscenza o la potenza di conoscere”.
3) TUYA, OP, Manuel de. Biblia Comentada. Evangelios.
Madrid: BAC, 1964, v.V,p.889.
4) SAN CIRILLO DI ALESSANDRIA. Comentario al Evangelio de Lucas,
19, 2,apud ODEN, Thomas C.; JUST, Arthur A. Evangelio según
San Lucas. Madrid:Ciudad Nueva, 2000, v.III, p.392.
5) DUQUESNE. L’Évangile médité. Lyon-Paris: Perisse Frères,
1849, p.309.
6) Rispettiamo qui l’ordine cronologico dell’esposizione di
San Luca, senza entrare nella discussione esegetica se la
guarigione del cieco è avvenuta realmente all’entrata
o all’uscita della città.
7) Cfr. DUQUESNE, op. cit., p.309.
8) WILLAM, Franz Michel. A vida de Jesus no país e no povo
de Israel. Petrópolis:Vozes, 1939, p.338.
9) DUQUESNE, op. cit., p.311.
10) MALDONADO, SJ, Juan de. Comentarios a los Cuatro Evangelios.
Evangelios de San Marcos y San Lucas. Madrid: BAC, 1951, v.II,
p.752.
11) SAN CIRILLO DI ALESSANDRIA, op. cit., p.392.
12) FERNÁNDEZ TRUYOLS, SJ, Andrés. Vida de Nuestro Señor
Jesucristo. 2.ed. Madrid: BAC, 1954, p.490.
13) TUYA, op. cit., p.889.
14) SANT’AMBROGIO. Tratado sobre el Evangelio de San Lucas.
L.VIII, n.82. In: Obras. Madrid: BAC, 1966, v.I, p.524-525.
15) FILLION, Louis-Claude. Vida de Nuestro Señor Jesucristo.
Vida pública. Madrid:Rialp, 2000, v.II, p.457.
16) MALDONADO, op. cit., p.753.
17) SANT’AGOSTINO. Sermo CLXXIV, c.IV, n.5: ML 38, 942.
18) MALDONADO, op. cit., p.753.
19) GOMÁ Y TOMÁS, Isidro. El Evangelio explicado. Año tercero
de la vida pública de Jesús. Barcelona: Casulleras, 1930,
v.III, p.398.
20) TUYA, op. cit., p.889.
21) SANT’AGOSTINO. Sermo CLXXIV, c.V, n.6: ML 38, 943.
22) FERNÁNDEZ TRUYOLS, op. cit., p.490.
23) KOCH, SJ, Anton; SANCHO, Antonio. Docete. Formación
básica del predicador y del conferenciante. La gracia.
Barcelona: Herder, 1953, t.IV, p.303.
24) FILLION, op. cit., p.457.
25) DUQUESNE, op. cit., p.314.
26) KOCH; SANCHO, op. cit., p.304.
27) SAN TOMMASO D’AQUINO, op. cit., I-II, q.89, a.6.
28) Cfr. Idem, III, q.66, a.11, ad 2; q.68, a.2.
29) GARRIGOU-LAGRANGE, OP, Réginald. El Sentido Común,
la Filosofía del ser y las fórmulas dogmáticas. Buenos Aires:
Desclée de Brouwer, 1944, p.338-339.
30) SANT’AGOSTINO. Confessionum. L.I, c.1, n.1. In: Obras.
Madrid: BAC, 1955, v.II, p.82.
Estratto dalla collezione “L’inedito sui Vangeli” di Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP.
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