Vangelo
1 Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto 2 dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame. 3 Allora il diavolo gli disse: “Se tu sei Figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane”. 4 Gesù gli rispose: “Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo”. 5 Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della Terra, gli disse: 6 “Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio. 7 Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo”. 8 Gesù gli rispose: “Sta scritto: Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai”.9 Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del Tempio e gli disse: “Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù; 10 sta scritto infatti: Ai suoi Angeli darà ordine per te, perché essi ti custodiscano; 11 e anche: essi ti sosterranno con le mani, perché il tuo piede non inciampi in una pietra”. 12 Gesù gli rispose: “È stato detto: Non tenterai il Signore Dio tuo”. 13 Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato (Lc 4, 1-13).
I benefici delle tentazioni
Nel deserto, Gesù non fu tentato soltanto alla fine dei quaranta giorni di digiuno, ma durante tutto questo periodo. Egli ha voluto sottoporSi a questa prova per darci un esempio, in quanto nessuno, per quanto santo sia, è immune dalla tentazione.
I – La lotta dei due generali
Pervasi di mistero e propizi per la meditazione, il Battesimo del Signore e la tentazione nel deserto costituiscono i momenti principali della sua vita pubblica. Su questa materia molto è stato scritto nel corso dei secoli, nel tentativo di chiarire i loro più profondi significati. Fissiamo oggi la nostra attenzione sulle tentazioni subite da Gesù.
Dopo la teofania nel fiume Giordano, troviamo nel deserto due sommi generali, Cristo e satana, che si affrontano in un faccia a faccia. La guerra lì intrapresa è diventata il paradigma della lotta di ogni uomo, durante la sua esistenza terrena, lotta che riceve, a sua volta, l’influenza dell’uno e dell’altro generale. L’accettazione di una di queste influenze determina la sua vittoria o sconfitta personale.
Azione di satana sulle anime
Sul supremo capo dei cattivi e sui suoi seguaci, lo stesso Gesù avrebbe detto più tardi: “Voi che avete per padre il diavolo, e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli è stato omicida fin da principio e non ha perseverato nella verità, perché non vi è verità in lui. Quando dice il falso, parla del suo, perché è menzognero e padre della menzogna” (Gv 8, 44). Caratteristiche queste che rendono singolare il modo di agire di satana. Il suo governo non è esercitato all’interno delle anime, e neppure infonde nei suoi un influsso vitale. Egli riesce, questo sì, ad oscurare l’intendimento del peccatore e a presentargli cattivi desideri, attraverso tentazioni che gli suggerisce. Il demonio non ha altra intenzione se non quella di allontanare gli uomini da Dio, loro Creatore e di incitarli alla rivolta. Desidera che tutti pecchino il più possibile, in modo da perdere così l’uso della vera libertà. Nella sua azione più diretta, il demonio mette a frutto negli uomini la triplice concupiscenza. D’altro lato, egli odia la vera unione che deve regnare nel rapporto tra gli uomini e, operando in senso opposto, mira a ottenere la disgregazione della società.
Modo di operare di Gesù Cristo
A sua volta, anche Cristo esercita sui suoi sudditi un’influenza esterna, propria a qualunque re, ma lo fa con tutta la perfezione e nella maniera più efficace. La sua dottrina è chiara e logica; non solo Egli la insegna con parole, ma presenta Se stesso come suo esempio insuperabile e attraente. Chi mette in pratica i suoi precetti arriverà infallibilmente alla vittoria. La sua azione sui fedeli è incomparabilmente più profonda di quella di satana sui suoi rispettivi seguaci. Gesù è il capo del Corpo Mistico, e da lui defluisce, verso i suoi membri, la grazia santificante.
In seguito all’unione ipostatica con Dio, l’umanità di Cristo ha la capacità di santificare.1 È in funzione di questa che San Paolo afferma: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me. Questa vita nella carne, io la vivo nella fede del Figlio di Dio, che mi ha amato e ha dato se stesso per me” (Gal 2, 20).
La vita divina del battezzato
Questa vita, infusa in occasione del Battesimo, è talmente superiore che senza la sua linfa il cristiano non può realizzare nulla. “Senza di me non potete far nulla” (Gv 15, 5). Per questo San Paolo afferma: “Tutto posso in Colui che mi dà la forza” (Fil 4, 13).
Non è altra la vita che noi, battezzati, dobbiamo cercare, con la certezza della vittoria, nel caso che con essa stabiliamo una perfetta unione. Così come le porte dell’inferno non prevarranno contro la Chiesa (cfr. Mt 16, 18), così ognuno di noi – purché unito dalla fede e dalle opere a Cristo Gesù, nostro sommo generale, Re, Sacerdote e Profeta – non conoscerà il fallimento, e con tutta sicurezza arriverà al trionfo finale, poiché è stato Lui che ci ha resi degni del rifugio e dell’aiuto contro le tentazioni.
Perché Cristo Si è deciso a farSi tentare
Questa prospettiva ci renderà chiaro il Vangelo di oggi, poiché “Cristo volle essere tentato” e addirittura “volontariamente Si presentò al tentatore”.2 Egli Si dispose ad essere nostro esempio “per insegnarci il modo di vincere le tentazioni del diavolo. Per questo Sant’Agostino dice che Cristo Si lasciò tentare dal diavolo al fine di essere nostro mediatore e aiutarci a trionfare sulle tentazioni di quello, prestandoci non solo il suo soccorso, ma dandoci anche il suo esempio”.3 Come Gesù, per il fatto di aver abbracciato la propria morte, ha potuto dire a questa: “Dov’è il tuo pungolo? Dov’è la tua vittoria?” (I Cor 15, 55), così in un modo analogo, in relazione alle nostre tentazioni, Egli le ha vinte nel deserto. Dunque, come insegna San Gregorio, è comprensibile che “il Nostro Salvatore, che era venuto per essere ucciso”, volesse anche “essere tentato, di modo che, con le sue tentazioni, Egli potesse vincere le nostre, così come, con la sua morte, Egli ha vinto la nostra”.4
Meglio di nessun altro, Gesù conosceva i rischi per i quali passiamo nella nostra esistenza e ha voluto, con l’esempio della propria vita, avvertirci riguardo ad essi – soprattutto quelli fra noi chiamati ad un cammino di maggior dedizione e perfezione. “In modo tale che nessuno, per quanto santo sia, pensi di essere al sicuro e immune dalla tentazione. Per questo Cristo ha voluto essere tentato dopo il suo battesimo, come dice Sant’Ilario, perché ‘le tentazioni del diavolo assaltano principalmente chi è santificato, perché egli desidera soprattutto trionfare sui santi’. Di qui sta anche scritto: ‘Figlio mio, se ti presenti per servire il Signore, rimani saldo nella giustizia e nel timore, e prepara la tua anima alla tentazione’ (Sir 2, 1)”.5
Chi potrebbe insegnarci efficacemente a vincere le tentazioni con fermezza, se non lo stesso Cristo?
Per finire – ancora secondo San Tommaso d’Aquino –, Gesù ha permesso che il demonio Lo tentasse “per darci fiducia nella sua misericordia, per cui si dice: ‘Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia compatire le nostre infermità, essendo stato lui stesso provato in ogni cosa, a somiglianza di noi, escluso il peccato’” (Eb 4, 15) .6
II – Insegnamenti da trarre dalle tentazioni di Gesù Cristo
1 Gesù, pieno di Spirito Santo, si allontanò dal Giordano e fu condotto dallo Spirito nel deserto 2 dove, per quaranta giorni, fu tentato dal diavolo. Non mangiò nulla in quei giorni; ma quando furono terminati ebbe fame.
Questo inizio del capitolo 4 si presenta avvolto in un insondabile mistero: “Pieno di Spirito Santo…”. Ed ancora, “fu condotto dallo Spirito…”. Perché condotto? Un altro Evangelista dirà condotto, e un terzo, spinto. Sono verbi categorici che esprimono bene il potere impiegato dallo Spirito Santo per agire nelle nostre anime quando elette per una grande missione.
Il Battesimo deve essersi realizzato all’altezza di Gerico. Andato via da lì, probabilmente il Signore salì i pendii agresti del Monte Quarentena – Djebel Qarantal –, fatto di rocce rossastre, con cinque crinali molto caratteristici, separati da considerevoli burroni. Ancora oggi si trovano tra quelle pietre scavi fatti a mano, che lo zelo fervente di contemplativi ha effettuato per favorire la solitudine da loro ricercata. Nel suo punto più alto, un osservatore può percorrere il bel panorama tutt’intorno: a nord, l’Ermon; a ovest, la terra di Giuda; a sud, il Mar Morto, a est, il Monte Nebo (da dove Mosè avvistò la Terra Promessa poco prima di morire), e gli altipiani della Perea. A quei tempi, in quei luoghi dovevano vagare animali selvaggi, rendendo la regione molto inospitale per qualsiasi uomo, ancor più nella situazione di solitudine in cui si trovava Gesù, come ci riferisce Marco: “Fu in compagnia di animali selvaggi” (Mc 1, 13). Oggi, sulla vetta del monte si erge il convento di San Giovanni, occupato da monaci greci che, con sollecitudine, accompagnano i pellegrini fino alla grotta che sarebbe stata frequentata dal Salvatore e arrivano addirittura ad indicare le impronte dei suoi divini piedi sulle pietre del tragitto.
Gesù fu tentato per quaranta giorni
San Luca ci parla di tentazioni lungo tutti i quaranta giorni, anche se di esse menziona soltanto le ultime tre. Come intendere questo fatto? San Tommaso così risponde a questo interrogativo: “Secondo la spiegazione di Beda, il Signore fu tentato durante quaranta giorni e quaranta notti. Ma non si tratta di quelle tentazioni visibili menzionate da Matteo e Luca, le quali avvennero evidentemente dopo il digiuno, ma di altri assalti che Cristo ha potuto subire dal diavolo durante quel tempo di digiuno”.7 San Tommaso d’Aquino concorda, in questa sua opinione, con molti altri autori come, per esempio, San Giustino, Origene, Sant’Agostino, quantunque ce ne siano altrettanti – come Suárez, Lagrange, Plummer – che invece discordano. San Matteo è ancor più categorico e dice: “Allora Gesù fu condotto dallo Spirito nel deserto per esser tentato dal diavolo” (Mt 4, 1).
Nella storia della creazione, i primi a subire la prova della tentazione sono stati gli Angeli e di essi non tutti rimasero fedeli…
A seguire sono stati i nostri progenitori, e del loro peccato subiranno le conseguenze tutti gli uomini, fino alla fine del mondo. Ma Gesù era impeccabile e, malgrado questo, ha potuto effettivamente essere tentato. In Lui non esisteva il fomes peccati e neppure la più lieve inclinazione al peccato, sia che fosse per la carne o addirittura per le pompe e vanità del mondo, perché possedeva, oltretutto, un giudizio sereno e chiaroveggente. Tuttavia, quanto alle suggestioni diaboliche esterne, non c’era la più piccola possibilità che Si sottomettesse ad esse volontariamente, perché, non essendo interiori ed anche non essendoci la minima imperfezione in Chi le ha subite, lasciano il primato di tutta la malignità al tentatore.8
Secondo i disegni di Dio, “conveniva [a Gesù] che Egli divenisse in tutto simile ai suoi fratelli” (Eb 2, 17), poiché, per portare fino ai limiti estremi il suo amore per noi, col “compatire le nostre infermità”, maggior perfezione avrebbe manifestato se fosse passato “per le stesse prove nostre, ad esclusione del peccato” (Eb 4, 15).
Sulla ragione dell’orazione e del digiuno, ci basti ricordare che “questa razza di demoni non si scaccia se non con la preghiera e il digiuno” (Mt 17, 21).
Il dubbio del demonio
3 Allora il diavolo gli disse: “Se tu sei Figlio di Dio, dì a questa pietra che diventi pane”.
Gli autori sono unanimi nel commentare questo versetto, e tra loro si distingue Suárez,9 il quale afferma che, nel tentare Gesù, il demonio non ha avuto come scopo principale il farLo peccare, ma il sapere, con certezza, se Lui era o no il Figlio di Dio. Con la sua solita e sintetica chiarezza, San Tommaso così ci spiega questo particolare: “Come dice Sant’Agostino, ‘Cristo Si è fatto conoscere dai demoni nella misura in cui Gli è sembrato conveniente, non perché Egli è la vita eterna, ma per certi effetti temporali del suo potere’, da cui essi potevano congetturare che Gesù era il Figlio di Dio. Ma siccome vedevano in Lui segnali di debolezza umana, non erano veramente sicuri che fosse Figlio di Dio; per questo hanno voluto tentarLo. Questo è il senso delle parole di Matteo (cfr. 4, 2-3), quando dice che, dopo che ebbe fame, il tentatore si approssimò a Lui; poiché, come dice Sant’Ilario, ‘il demonio non avrebbe osato tentare Cristo se non avesse osservato in Lui, per la debolezza della fame, la natura umana’. Questo è evidente dal modo stesso in cui tenta, quando egli dice: ‘Se sei il Figlio di Dio’. San Gregorio spiega tali parole, dicendo: ‘Cos’è che denota questa maniera di esprimersi, se non che egli sapeva che il Figlio di Dio sarebbe dovuto venire, ma non credeva che fosse venuto nella fiacchezza della carne?’”.10
Qualcosa doveva sapere satana a proposito di quell’uomo sui generis, il quale, nonostante fosse nato in una grotta, era stato lodato dagli Angeli, pastori e re dell’Oriente. Dunque, se così non fosse, sarebbe stato meno sofisticato nell’elaborazione delle tentazioni, come più avanti vedremo. Il fatto che il demonio abbia cominciato con la supposizione “se sei il Figlio di Dio” dimostra il suo sospetto, non ancora interamente accertato, che si trattava del Messia promesso, sebbene umano e non divino. Ecco perché cerca di sedurLo e di farGli abbandonare le vie del Padre.
Come ha fatto il demonio a tentare Gesù
Sulla maniera in cui il demonio presenta a Gesù le sue seduzioni divergono le opinioni degli autori. Alcuni (pochi) arrivano a conferire loro un carattere meramente simbolico, ossia, non si tratta che di invenzioni degli evangelisti per aiutare gli uomini nelle loro lotte spirituali. Altri, nonostante accettino la loro esistenza reale, ritengono che siano avvenute per pura suggestione interna. Entrambe le supposizioni non ci sembrano accettabili, sia dal punto di vista meramente storico, sia da quello teologico. Tra quelli che hanno optato per la via più sicura c’è Suárez, categorico nell’ammettere l’ipotesi che il demonio abbia assunto forma fisica per poter tentare Gesù: satana deve essere apparso usando l’aspetto umano, come il dialogo tra i due sembra esigere. Probabilmente sotto l’apparenza di un sant’uomo o sotto qualche altra forma che giudicasse più adatta a convincere. Non ha potuto tentare il Signore se non con la parola, come ha fatto con Adamo, poiché entrambi erano privi di passioni insubordinate, e non era decoroso che il tentatore potesse operare nell’immaginazione o nelle potenze interne di Cristo.11
Attraverso piccole cose, il demonio tenta le grandi vocazioni
Sempre all’interno degli insegnamenti di San Tommaso d’Aquino, sappiamo che nel caso degli uomini che cercano le vie della perfezione, il demonio non cerca di tentarli direttamente mediante i peccati più gravi. Il suo approccio iniziale avviene attraverso le imperfezioni e mancanze lievi, fino al momento di proporre le gravi. Questa metodologia, egli l’ha impiegata nel Paradiso Terrestre nel sedurre i nostri progenitori. Ha cominciato sforzandosi di risvegliare la gola di Eva: “Perché non mangi?” (cfr. Gen 3, 1)… Dopo la sua vana curiosità: “I vostri occhi si apriranno…” (Gen 3, 5). Alla fine, le ha presentato l’ultimo grado di orgoglio: “Sarete come dèi” (Gen 3, 5).12
Nel caso del presente versetto, satana si serve di una situazione concreta. Dopo quaranta giorni di completo digiuno, si erano manifestate in Gesù le caratteristiche di Figlio dell’Uomo: ha avuto necessità di riprendere le sue energie, ha sentito l’impeto della fame. Di tutte le virtù, una delle più importanti è la fede. Senza una diretta rivelazione, assimilata da questa virtù, nessuna creatura, umana o angelica, è capace di ammettere l’ipotesi dell’unione delle due nature in Cristo. Per questo lo spirito maligno – che non possiede la fede – si avvicina a Lui al fine di richiamargli l’attenzione verso le pietre del sentiero più rassomiglianti alle forme del pane dell’epoca. Chissà se è giunto a farGli la proposta tenendone in mano qualcuna.
Inversione dell’ordine: un atto rivoluzionario
Dopo aver insidiosamente cercato di stimolare l’amor proprio della sua supposta vittima, il demonio ha voluto fare in modo che Gesù Si servisse, commettendo disobbedienza e abuso, dei poteri divini per soddisfare la fame e, così, essere portato anche al peccato di gola. Scaltra la proposta, poiché la necessità era reale, e cos’è il pane se non un alimento dei poveri? Il demonio sarebbe riuscito, per questa via, non solo a portare quell’Uomo a far uso indebito del potere di compiere miracoli, ma anche a verificare la sua messianità. Se Gesù fosse caduto in questo inganno, la sua natura divina sarebbe stata, in quest’occasione, soggiogata a quella umana. In fondo, avrebbe praticato un atto rivoluzionario, invertendo il vero ordine e grado d’importanza degli esseri, anche se, considerato in modo assoluto, non c’è colpa alcuna a saziare la fame e neppure a fare un miracolo.
Su questo particolare, ci insegna il Dottore Angelico:
“Usare del necessario per il sostentamento non costituisce peccato di gola; ma può appartenere a questo vizio il fatto che l’uomo agisca in modo disordinato per il desiderio di questo sostentamento. Ora, è disordinato voler ottenere l’alimento per mezzo di un miracolo, quando si può ricorrere a mezzi umani per il sostentamento del corpo. […] Cristo poteva soddisfare la sua fame in un’altra maniera, senza necessità di un miracolo, facendo come San Giovanni Battista (Mt 3, 4), oppure andando in località vicine. Per questo il demonio pensava che Cristo avrebbe peccato se, essendo un uomo come gli altri, avesse tentato di fare miracoli per placare la fame”.13
Diabolico sfruttamento delle rivoluzioni
4 Gesù gli rispose: “Sta scritto: Non di solo pane vivrà l’uomo”.
Gesù avrebbe potuto trasformare le pietre in pane, come in seguito avrebbe moltiplicato per due volte i pani e i pesci. Ma non lo fece. In quest’occasione, non avrà voluto Egli, al di là di altriobiettivi, insegnarci l’illegittimità delle rivolte per essere venuto meno il cibo?
Quante rivoluzioni sono state portate a termine, nel corso della Storia, per un puro, malevolo e – perché non dirlo – diabolico sfruttamento della fame? Nelle circostanze di penuria, perché gli uomini non si rivolgono allo stesso Dio di Mosè, che non ha lasciato senza cibo il suo popolo per quarant’anni nel deserto?
Supremazia della vita spirituale su quella corporale
Nella sua risposta impregnata di sapienza divina, Gesù rende evidente, al demonio e all’umanità, l’esistenza di una vita molto più nobile di quella corporale, ossia, quella spirituale. “La parola di Dio” è costituita dagli ordini divini, da tutto quello che riflette la sua sovrana volontà, come più tardi Egli stesso affermerà: “Mio cibo è fare la volontà di colui che mi ha mandato” (Gv 4, 34).
È notevole la differenza della reazione di Gesù riguardo a questa proposta fatta da satana, rispetto a quella fatta da Maria nelle Nozze di Cana: La sua venerabile Madre, Egli l’ha esaudita, perché sapeva quanto fosse volontà del Padre confermare il potere impetratorio delle suppliche della sua amatissima Figlia.
Nella frase che Gesù pronuncia come replica al demonio, risulta chiaro che non era imprescindibile il pane. Dio dispone di innumerevoli mezzi per risolvere il problema della fame. Gesù si alimenterà a seconda della volontà del Padre. Se il disegno di Costui è che la parola Lo nutra, che necessità c’è del pane? E se questo sarà indispensabile, non ha il Padre il potere di concederlo?
Duplice tentazione: paura e ambizione
5 Il diavolo lo condusse in alto e, mostrandogli in un istante tutti i regni della terra, gli disse: 6 “Ti darò tutta questa potenza e la gloria di questi regni, perché è stata messa nelle mie mani e io la do a chi voglio. 7 Se ti prostri dinanzi a me tutto sarà tuo”.
Le più svariate ipotesi sono state sollevate da alcuni autori su quale deve essere stato questo alto monte, con vista su tutti i regnidella Terra. Per alcuni deve essere stato il Tabor, altri parlano del Nebo o dell’Ermo. Da questi, tuttavia, è impossibile contemplare i regni di questo mondo. Sono più vicini alla verità coloro i quali affermano che il demonio deve essersi servito delle sue arti di magia, illusionismo o fantasmagoria, per far scorrere davanti agli occhi di Gesù “per un attimo” le meraviglie dei regni con i loro palazzi e splendori, in sintesi, tutte le bellezze delle glorie esteriori della nostra Terra d’esilio.
Nella sua inferiorità di angelo decaduto, con molta ignoranza, ha creduto di aver attratto irresistibilmente Gesù e, per questa ragione, Gli propone subito un peccato di idolatria per darGli, così, il possesso di tutto. Commentando questo passaggio, San Girolamo, giustamente attribuisce al demonio un linguaggio superbo, e soprattutto falso, poiché lo spirito maligno non può promettere nè, meno ancora, concedere regni a nessuno, senza il permesso di Dio.14 Ciò nonostante, egli è signore dei vizi e dei peccati. Credeva di poterLo lusingare per istigare un’irrefrenabile ambizione o, allora, spaventarLo, rivelandoGli la poderosa opposizione che avrebbe affrontato, se contro di Lui si fossero sollevati quei regni, nel caso non li avesse accettati al prezzo dell’idolatria. Non ha subìto, però, il Divino Redentore l’attrazione dell’ambizione né il timore del potere avverso.
A partire dal Paradiso Terrestre, noi, uomini e donne – se non siamo sorretti dalla grazia e dalla virtù – siamo affascinati dal sogno di essere dèi. Questa è la disastrosa storia di buona parte dell’umanità. Felici quelli e quelle che rispondono a satana nel modo in cui ha risposto Gesù.
La grande tentazione dell’umanità decaduta
8 Gesù gli rispose: “Sta scritto: Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai”.
Diventare il padrone del mondo, possedere tutti i beni e tutte le ricchezze, anche se si smette di adorare il vero Dio: ecco la tentazione di fronte alla quale non pochi soccombono, nel nostro stato di prova e, alle volte, anche per un prezzo molto inferiore.
Nella risposta di Gesù, troviamo il divino esempio da seguire. Riproducendo il versetto 13 del capitolo 6 del Deuteronomio, fa un giuramento di fedeltà al Padre: se non è Lui, nessuno, e nessuna cosa, merita omaggi e molto meno adorazione.
Tentazione di vanagloria
9 Lo condusse a Gerusalemme, lo pose sul pinnacolo del tempio e gli disse: “Se tu sei Figlio di Dio, buttati giù; 10 sta scritto infatti: Ai suoi angeli darà ordine per te, perché essi ti custodiscano; 11 e anche: essi ti sosterranno con le mani, perché il tuo piede non inciampi in una pietra”.
È un paradosso immaginare l’angelo caduto dal Cielo che trascina giù il suo Creatore. A questo si è sottoposto il nostro Salvatore, per il beneficio di coloro che sono stati espulsi dal Paradiso.
È degna di nota l’acutezza diabolica in questa tentazione, per il fatto di servirsi di una citazione della Scrittura per conferire maggiore solidità alla sua argomentazione. Ha appreso la lezione dallo stesso Gesù, quando ha ricevuto da Lui la sua prima risposta.
Grande spettacolo avrebbe causato la sua discesa sensazionale, protetto dagli Angeli, in mezzo al patio del Tempio. E, se questo fosse accaduto, sarebbe stata provata a satana la filiazione divina di Gesù, obiettivo ansiosamente desiderato dai suoi stratagemmi. Adesso non è più la gola né l’ambizione, ma la vanagloria, che tanti conduce all’inferno, lo strumento usato dal demonio per tentare il Messia.
Trionfo di Cristo
12 Gesù gli rispose: “È stato detto: Non tenterai il Signore Dio tuo”.
Una nuova confusione infligge Gesù al ribelle satana, sempre con parole tratte dal Deuteronomio (6, 16). Collocarsi in pericolo grave, obbligando Dio a intervenire, è un peccato pieno di malignità.
13 Dopo aver esaurito ogni specie di tentazione, il diavolo si allontanò da lui per ritornare al tempo fissato.
La maggioranza degli autori è concorde nel fatto che il demonio ha continuato ad attaccare Cristo nel corso della sua vita pubblica, proponendoGli, attraverso questo o quel mezzo, di accettare la corona o di praticare miracoli imprudenti.
È stato soltanto nell’Orto, nel Pretorio e nel Calvario che egli ha creduto di essere riuscito a realizzare il suo sogno, tutto fatto di gaudium phantasticum. Invece lì, Cristo ha trionfato sugli inferni, il peccato e la stessa morte!
1) Cfr San Tommaso d’Aquino, Summa
Teologica III, q.8, a. 6c.
2)Idem III, q. 41 a.1.
3) Id. ibid.
4) Id. ibid
5) Id. ibid
6) Id. ibid
7) Op. cit. III, q.41, a.3 ad. 2.
8) Cfr. op. cit. III, q. 41 a.1 ad.3.
9) Cfr. Francisco Suárez S.J.,Misterios
de la Vida de Cristo, BAC, Madrid,
t. 1, p. 825.
10) San Tommaso d’Aquino, Summa
Teologica III, q. 41, a.1, ad.1,
11) Op. cit. BAC, Madrid, t. 1, p. 825.
12) Cfr. op. cit. III, q. 41, a.4.
13) Op. cit. III, q. 41, a. 4, ad. 1
14) Cfr. Comment. In Matth., h. 1.
Estratto dalla collezione “L’inedito sui Vangeli” di Mons. João Scognamiglio Clá Dias, EP.
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